mercoledì 24 gennaio 2007

Guarigione dell'anima, accoglienza del cuore

Collaboro alla redazione del giornale Ascoltami. questo è un pezzo che verrà pubblicato nel prossimo numero


La voce dei familiari – n.18 La guarigione: l’accoglienza -

Guarigione dell’anima, accoglienza del cuore

«Non è stata violentata. Questa è stata la sua fortuna.»

Con tono calmo, semplice, Peter dice questa frase che, per noi donne contiene spavento e angoscia. È il tono, però, di chi ha ormai oggettivato una storia drammatica, e l’ha metabolizzata tanto da raccontarla a un altro come se raccontasse la trama di un romanzo.

L’ “altro”, in questo caso, sono io seduta accanto a questo bianco americano di quarant’anni, in un aereo che da Francoforte ci trasporta a Portland in Oregon. Peter è un ingegnere agronomo. Torna a casa, dopo due settimane, da sua moglie Beatrice, e dalla loro bambina, Alicia.

Come succede spesso in un lungo viaggio, abbiamo cominciato a chiacchierare per banalità. Lui, forse incoraggiato dai miei capelli bianchi, si è raccontato, dapprima in modo superficiale, poi su cose personali, e alla fine si è abbandonato a quella confidenza che interviene tra sconosciuti perché pensare di non rivedersi mai più rassicura e si può dare sfogo, ad alta voce, ai propri pensieri.

«Forse avrà seguito le vicende del Ruanda» mi dice Peter dopo un lungo silenzio.

«Sì, certo» gli rispondo sicura «ho visto un bello spettacolo teatrale.»

«Saprà del genocidio del 1994, della ferocia con cui le comunità etniche si sono affrontate. Mia moglie è ruandese. Ha vissuto in quell’inferno e si è salvata per miracolo.»

Avevamo già detto tutto su Portland, la piacevolezza di viverci, la serenità della sua famiglia, la gioia di aver una bambina quando non ci contava più.

Di fronte a quella confidenza realizzo la mia grossolana ignoranza e mi sento in colpa guardando quell’uomo piacevole, dal viso aperto, quasi familiare tanto è tipicamente americano.

Lascio perdere la sonnolenza che mi dà la xamamina, lascio andare le considerazioni superficiali che si fanno in situazioni del genere, e capisco di trovarmi di fronte a un uomo di qualità. Devo dargli molta attenzione se non voglio offenderlo.

«Mi dispiace. Una esperienza dolorosa.» Dico con molta partecipazione. «Come vi siete conosciuti?»

«Io lavoravo da un anno in Ruanda e lei lavorava per una società olandese con cui avevo contatti di lavoro. Un incontro solo amichevole. Quando sono partito le ho scritto fino a quando ho saputo che lavorava in Olanda. Mi ha stupito che avesse abbandonato Paese e famiglia, ma ho pensato a una opportunità di lavoro.

Non sapevo, invece, che fosse stata costretta a scappare e che la società per la quale lavorava l’avesse aiutata a mettersi in salvo. Non sapevo che fosse stata picchiata, torturata, braccata. Non sapevo che l’avessero portata via alla famiglia per ucciderla. Non sapevo nulla, pur conoscendo bene le tensioni del Paese. Beatrice, allora, aveva venticinque anni ed era molto bella.

Desiderando fortemente rivederla, l’ho raggiunta in Olanda: una donna trasformata dalla paura, dall’angoscia, dallo sradicamento.

Ho capito, guardandola, cosa possa essere la sofferenza portata all’estremo limite. Le atrocità vissute, dette con pudore e abbandono insieme, mi hanno rivelato il suo animo, la sua sensibilità. Sapevo già di essermi innamorato di lei, fin dal Ruanda, ma in quel momento l’ho amata con un trasporto che non avrei immaginato. Le ho chiesto di sposarmi e di venire in America con me. Quattro anni fa è nata Alicia.»

Ero così commossa da questa storia da desiderare di conoscere Beatrice. Forse non faceva parte del rituale delle conoscenze occasionali e forse, di fronte a questa richiesta, Peter poteva sentirsi a disagio. Ma lui, leggendomi nel cuore, mi ha detto: «Beatrice e Alicia mi aspettano in aeroporto. Le fa piacere conoscerle?»

Gli ho risposto di sì con la testa mormorando: «Grazie».

Una volta atterrati e sbrigate le pratiche di controllo ci siamo avviati insieme all’uscita.

Quando ho visto una donna di colore, alta, dai lineamenti delicati, elegante nel vestito etnico, con in braccio una piccolina dai capelli neri e ricci, ho riconosciuto Beatrice e Alicia.

Erano al sicuro, erano sane, erano serene.


Mi, 11.10.2006

1 commento:

Lo ha detto...

Una storia commovente.