sabato 24 marzo 2007

Non di dire notte commento a Amos Oz

Non dire notte

di Amos Oz

Anche con questo libro di Oz riconfermo il mio amore incondizionato per lo scrittore israeliano. È un libro scritto nel 1994, quindi molto prima di Storia di amore e di tenebra.

Non voglio considerarlo una storia-metafora su Israele, come si è sempre tentati di interpretare i romanzi degli scrittori israeliani: Israele e sempre Israele. Naturalmente Israele c’è anche in questo romanzo, perché la storia è ambientata in un piccolo paese di fronte al deserto.

Voglio invece analizzare Non dire notte nel rapporto che Oz descrive, con indicibile sensibilità e raffinatezza, tra i due protagonisti: Theo e Noa. Vivono insieme e non sono sposati. Lui, urbanista di successo, sessantenne, e lei più giovane di diversi anni che si è dedicata molto a curare un padre, perlomeno, bizzarro. Vivono in una piccola località di fronte al deserto e ci sono arrivati perché Noa l’ha scelta per vivere la sua storia con Theo.

Dopo sette anni di vita insieme e in un momento in cui si sente l’assuefazione del rapporto: Succederà qualcosa Theo. Non hai anche tu il presentimento che è come se fosse finito il preludio? Noa, ha il desiderio di svincolarsi da questo rapporto esclusivo dimostrando le sue capacità, al di là dell’insegnamento. Vuole avere una iniziativa sua, tutta sua, nella quale buttarsi perseguendo obiettivi sociali. Vuole cogliere l’occasione che le viene data dalla morte per droga di un suo allievo. Vuole affrancarsi dall’influenza di Theo che certamente, dei due, è la “personalità”.

Ma Theo, con un sottilissimo gioco crudele, perverso, nel quale, forse inconsapevole, alternando intromissioni scoraggianti e improvvisi gesti di grande tenerezza, mette in azione la sua competenza e la sua autorità, e impedisce a Noa, senza un atto di forza, di realizzare ciò che voleva. E Noa si arrende.

Rivelatore il pensiero di Theo: Quante volte, in cucina, mi è venuta tutt’a un tratto voglia di dirle qualcosa che la ferisca veramente. Che le faccia male come uno schiaffone.

Quante volte si ha bisogno di ferirsi perché ci si ama e non si può pensare di rendere l’altro autonomo da noi? Quante volte il bisogno di possesso non permette alcuna generosità?

In un certo senso si può dire che quasi dappertutto si trovano sostanze che generano dipendenza.

E’ solo per dipendenza che Theo e Noa restano insieme? Come si può stare soli senza l’altro? E’ un grande tema da approfondire per tutti i rapporti e non solo per quelli d’amore.

Il romanzo, ha una struttura in cui si alternano i punti di vista di lui e di lei, e, a volte si inserisce una voce narrante esterna.

Per me un libro raffinatissimo, grande, come sempre Oz.

15 marzo 2007

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