Genitori e figli
Non spaventatevi, non voglio affrontare un trattato sul rapporto tra genitori e figli. Mille trattati, miliardi di trattati, scritti e approfonditi da mille, miliardi di super -esperti non esaurirebbero le sfaccettature di questo rapporto.
Genitori e figli: il rapporto più difficile del mondo. Il rapporto che più di altri, secondo me, è in balia dei tempi. Il rapporto che non può avere codici. Il rapporto a rischio errori più di qualunque altro. Il rapporto che può provocare danni incalcolabili.
Perché quei figli diventeranno adulti e saranno la società di domani.
Detto questo, che dovrebbe rassicurarvi sul mia incapacità di scrivere un trattato, affronto questo argomento dal mio punto di vista, dalla mia esperienza, e dall’attenzione che ho sempre avuto per i “figli”.
Intanto dichiaro che sono sempre dalla parte dei “figli”.
Io non penso affatto che i ragazzi abbiano la responsabilità dei loro comportamenti. Che hanno fatto gli adulti per educarli ad altro? E’ questo che mi sembra il perno della discussione.
Se ne fa un gran parlare, in questo momento.
A Torino un ragazzo viene sbeffeggiato dai compagni, filmato e fatto vedere al mondo, in Germania un ragazzo uccide in una scuola per diventare un eroe, in grandi e piccole città adolescenti violentano e intimoriscono le compagne di scuola, e poi quelli che uccidono madre e fratello, i bambini legati in un asilo, la preside che punisce due ragazzini che si baciano nell’intervallo e infine, sempre nella solita, squallidissima America, un ragazzo sudcoreana uccide trentatrè compagni e professori..
Insomma, episodi di diversa portata che però denunciano un disagio profondo, una confusione profondissima tra gli adulti.
La famiglia e la scuola, da luoghi di protezione, diventano luoghi di violenza.
E vediamo genitori e insegnanti non più uniti dallo spirito di collaborazione ma di contrapposizione perchè i genitori, per difendersi, difendono sconsideratamente i figli. E i ragazzi, cosa volete che facciano? Si sentono spalleggiati e il loro rapporto con gli adulti diventa di sfida: se hai paura di me io ti aggredisco, abbaio più forte.
Professori emeriti, a commento di uno degli atti di violenza consumato da adolescenti su altri adolescenti, invocano, in televisione, più tempo dei genitori, più ascolto, più disponibilità, più attenzione.
Ma come si può pensare di dare tempo, disponibilità, attenzione se non lo si è fatto per 13, 14, 15 anni? Improvvisamente, secondo l’emerito professore, una mattina i genitori dichiarano che vogliono dare più tempo, più disponibilità, più attenzione.
Pensate che i figli capirebbero?
L’ascolto, il tempo, l’attenzione sono comportamenti che i genitori dovrebbero dare dal momento della nascita dei figli. Solo così si potrebbe dire al figlio: sono disposto a darti “più”. Ma se quel “più” parte dal nulla che senso può avere?
Chi sono oggi questi genitori? Da dove arrivano e quali percorsi hanno compiuto? La figura paterna è sempre stata quella che spinge i figli verso una funzione di emancipazione. Il padre non ha generalmente funzione educativa. La madre invece ha la funzione di accoglimento e di soddisfazione del bisogno del figlio. Pensiamo all’allattamento al seno. Solo trenta anni fa se una donna non allattava sentiva la “colpa” di privare il figlio di un nutrimento indispensabile. Poi, grazie a molte teorie su comportamenti educativi moderni, si è passati alla moda del latte artificiale. Si è tolto al bambino, e anche alla madre, il momento di più intensa relazione tra loro: l’allattare è la dipendenza del bambino dalla madre e se lo si priva gli si procura un trauma.
Sembra che oggi, le madri quarantenni, abbiano scoperto l’allattamento al seno e non vogliano privarsi, loro (secondo me), di questa esperienza.
Comunque dalla suddivisione dei ruoli tra padre e madre è abbastanza facile analizzare la situazione che abbiamo sotto gli occhi.
I padri. A me non sembra che oggi il ruolo dei padri degli adolescenti sia quello di indirizzarli a emanciparsi. Sono quarantenni, nella maggior parte dei casi, scontenti della loro posizione nella società o impegnati a raggiungere il successo professionale nel quale si identificano. Spesso dipendenti dalle mogli, con i figli si impegnano il tempo di una partita di calcio in televisione o al massimo allo stadio. Pacche sulle spalle e parvenza di cameratismo. Ma dei turbamenti adolescenziali del figlio che ne sanno? Di quello che il figlio sta prendendo dalla società in cui vive, che ne sanno? E sanno dei suoi comportamenti a scuola, con i compagni, con gli amici? Delle sue difficoltà intime?
La madri. Cresciute dopo il femminismo, quando con i reggiseni le donne bruciarono molti sentimenti, molto di “quell’essere donna” che oggi si cerca di recuperare indossando un “intimo” pubblicizzato e costoso, sono aggressive e stanche.
Ma la donna sa dov’è? Secondo me, no. La donna oggi crede di aver conquistato un posto rilevante nella società. Nella società consumistica, però. Perché anche lei è un oggetto di consumo. E se un tempo si è battuta per non essere la donna-oggetto dell’uomo, oggi, abbiamo sotto gli occhi un modello di donna-oggetto di se stessa, tanto la donna è tesa a sfruttare la sua immagine, il suo corpo. Episodi di cronaca lo mettono in evidenza.
Almeno è ciò che si vede, che le adolescenti vedono. E’ vero, le donne sono dovunque: fanno i giudici e i poliziotti, i marinai e i presidenti del consiglio, i ginecologi. Le carriere sono aperte, hanno diritto alle quote rose.
.Ma la vera essenza della donna, quella che le ha dato il “vero”potere, il potere di educare, di formare generazioni, di “amministrare” la famiglia , quel potere chi lo esercita? Per correre dietro a un potere fittizio, a una parvenza di conquista, a una libertà effimera che l’ha messo su un piano ambiguo e pericoloso?
Sì, lo so che la maggior parte delle donne protesterà. Ma perché non facciamo una analisi onesta degli errori che sono sotto gli occhi di tutti attraverso i comportamenti degli adolescenti?
Gli uomini la odiano, la donna. L’hanno sempre temuta. Sanno bene che sarà sempre lei a dominarli.
Umberto Galimberti, in un bellissimo articolo sulle donne seviziatrice a Bagdad ha spiegato perché anche la donna può saper seviziare: perché nessuno conosce il corpo meglio di lei. Quel corpo che le permette di generare e di fare andare avanti il mondo. C’erano tribù (non so se l’usanza è ancora attuale), che tagliavano i seni alla donna per colpirla lì da dove arrivava il suo potere: la maternità, gli uomini che la violentano quando ormai la libertà sessuale è assoluta, il potere che cerca di controllarla stabilendo le quote rosa. Anche i convegni sulla donna, o le leggi che dovrebbero privilegiarla, non sono un modo di ghettizzarla? “Sei un’altra cosa, appartieni a un’altra sfera. E’ per questo che parliamo di te”.
Quando cominciai a lavorare, partecipando a riunioni in cui c’erano uomini e donne, mi accorsi dell’affanno delle donne di dover essere le più brave. Mi dissi: “Non voglio diventare come loro”. Non mi interessava sembrare la più brava, ritenevo più importante “esserlo” e basta.
Sono anni che dura la competizione. Sembra che l’unico scopo della vita di una donna sia mettere l’uomo in difficoltà per prevalere, per vincere.
Ma vincere cosa? Vi sembra che oggi la donna sia vincente?
Da donna-oggetto dell’uomo, che la donna ha combattuto giustamente a donna-oggetto per se stessa. Ormai la donna gestisce il proprio corpo, esponendolo senza nessuna eleganza e nessuna furberia, per trarne i benefici dell’arrivare a mete che, francamente, non le danno prestigio ma le procurano solo il disprezzo e il disinteresse sempre maggiore dell’uomo.
Perché tante donne sole? Perché il desiderio dell’uomo è diminuito vertiginosamente?
Non si fa che parlare, in tutte le riviste più diffuse, della diminuzione del desiderio sessuale. Grandi servizi con percentuali e confronti tra i paesi occidentali. Dell’Africa, e dei paese orientali, per fortuna non ne sappiamo ancora nulla.
Ma quando si parla tanto di un argomento non vuol dire che esiste un grande problema?
Vorrei chiudere commentando la più recente strage americana. Trasmissioni televisive la hanno vivisezionata. Si è detto che gli assassini in genere sono ragazzi frustrati, che scaricano sugli altri i propri fallimenti, che da 30 anni le stragi sono aumentate. Gli esperti si chiedono allora: è possibile che l’umanità sia diventata tanto più cattiva? C’è chi sostiene di sì, e chi sostiene di no. Nessuno però ha commentato una frase della lettera lasciata dal ragazzo: colpa dei ricchi (non la riporto esattamente). Questo denaro esibito sfrontatamente in ogni occasione, tra piccoli e grandi, non dice nulla agli esperti? E i famosi “valori” che sono stati sotterrati dalla divinizzazione del denaro, non suggerisce nulla? E i genitori, non si sentono neanche un po’ responsabile del tanto, del tutto, che viene concesso ai ragazzi perché è più sbrigativo dare che dedicare tempo e pazienza e affetto?
Finisco con questa riflessione. Non so a quanti servirà. Sarei felice se almeno una persona la cogliesse.